PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale nasce negli anni ’60, negli Stati Uniti, ad opera di Aaron T. Beck e, ancora oggi, è utilizzata nella pratica clinica da buona parte degli psicoterapeuti in Europa e nel mondo. Questo modello, infatti, trova maggiore conferma scientifica nel panorama nazionale e internazionale attraverso studi e ricerche di evidenza scientifica.
La TCC unisce in sé i presupposti della tradizione comportamentista e di quella cognitiva. Quindi vengono presi in considerazione tre grandi ambiti: l'ambito comportamentale, quello affettivo-emotivo e quello cognitivo (di pensiero).
Per quanto riguarda l'ambito comportamentale, come si è visto i comportamenti possono essere la conseguenza di apprendimenti disadattivi o di mancati apprendimenti, che andranno via via individuati sulla base dell'esperienza di vita del paziente. Una volta individuati andranno poi sostituiti con comportamenti più adattivi o si dovrà insegnare al soggetto le abilità e le risorse di cui è carente.
Relativamente all'ambito affettivo-emotivo, le emozioni che caratterizzano quadro clinico sono considerate risultato di due processi:
- apprendimenti associativi (legati fondamentalmente a condizionamento classico o pavloviano) per cui determinate risposte emotive sono state associate a specifici stimoli e quindi si ripresentano automaticamente quando ci si trova in presenza di tali stimoli, come nelle fobie specifiche (ad es: può sviluppare una fobia dei cani una persona che nell'infanzia ha visto un proprio caro aggredito da un cane);
- interpretazioni cognitive, mediante cui determinati stimoli-situazioni vengono interpretati dal soggetto in base alla sua struttura cognitiva (come spiegato più sotto) e quindi originano specifiche emozioni congruenti con tale interpretazione. Per esempio, se io vedo che qualcuno per strada mi guarda e sorride, posso interpretare ciò come atto di derisione (come conseguenza degli schemi delle distorsioni sistematiche sotto illustrate) e quindi provare rabbia e risentimento. Emozioni che inizialmente sono frutto di interpretazioni cognitive possono col tempo condizionarsi alla situazione e quindi sono attivate automaticamente senza la necessità di una interpretazione cognitiva: per esempio, per la strada posso provare rabbia tutte le volte che qualcuno mi guarda, anche se non sorride, e potrei non capire perché ciò mi succeda.
Dal punto di vista cognitivo la TCC concentra grande attenzione su tre livelli del pensiero del paziente:
1) I PENSIERI AUTOMATICI NEGATIVI: si riferiscono allo svolgersi di una specie di commento interno, solitamente in senso catastrofizzante e svalutativo, in cui il paziente si impegna in specifiche situazioni (es.: "non riuscirà mai a finire in tempo questo lavoro. Cosa potrò fare? Perderò il lavoro se continuo così!"). Possono essere coscienti ma anche non esserlo chiaramente; sono comunque consapevolizzabili se il soggetto riesce a prestarvi sufficiente attenzione con un adeguato allenamento.
2) LE CREDENZE (O ASSUNZIONI O CONVINZIONI): un livello più profondo di cognizione è quello che consiste in credenze o assunzioni, che rappresentano regole tacite (cioè non sempre consapevoli) che si ipotizza facciano sorgere pensieri automatici. Gran parte di tali credenze si manifestano come affermazioni condizionali del tipo "se-allora". I pazienti non necessariamente hanno chiaro in mente il contenuto di tali credenze, che in genere non vengono articolate nel loro dialogo interno, ma sembrano essere la base di molte reazioni di momento in momento, esprimendosi nei loro pensieri automatici, nelle loro azioni e nei comportamenti (es.: "devo avere successo in tutto ciò che faccio per potermi amare", "se falliscono, gli altri mi puniranno", "sono una persona brava solo nella misura in cui sono competente"). Il paziente manterrà una visione critica di sé a meno che non vengano soddisfatte siffatte condizioni, come l'avere successo in un compito e quindi mantenere l'approvazione degli altri.
3) GLI SCHEMI COGNITIVI: livello di cognizione più profondo degli altri due. Sono le regole base che una persona usa per organizzare le proprie percezioni del mondo, del sé e del futuro e per adattarsi alle sfide della vita. Possono riguardare noi stessi (schema di sé), gli altri (schema dell'altro) e la relazione tra noi e gli altri (schema interpersonale).
Caratteristiche degli schemi cognitivi:
- sono assoluti e non condizionali
- danno origine ad altre convinzioni di livello superiore
- sono inconsci e difficilmente verbalizzabili
Tali schemi non sono di per se stessi né positivi nei negativi, ma vanno interpretati in termini della loro capacità di adattarsi alle esperienze della vita. Per esempio due persone adulte hanno schemi di non amabilità personale. La prima soddisfa le sue eccessive esigenze di affetto e di amore diventando maestra di scuola d'asilo e l'attaccamento e l'ammirazione dei bambini bene si adattano ai suoi schemi di base e quindi è gratificata dal lavoro. L'altra non trova questo sbocco alle sue esigenze e diventa estremamente possessiva e gelosa nelle sue relazioni col partner e ciò porta a conflitti e ad abbandoni, rafforzando il suo schema di base.
Gli schemi possono essere sia "attivi" sia "latenti", a seconda che i soggetti debbano affrontare o meno le situazioni di vita che attivano le loro individuali aree di vulnerabilità. L'osservazione clinica dei pazienti ci mostra come essi si impegnino a mantenere latenti alcuni propri schemi, allo scopo di non destare le proprie paure. Così, persone con schemi di incompetenza accettano o ricercano lavori troppo facili per loro al fine di evitare le sfide; altri che temono di perdersi in rapporti personali intimi, rifuggono le relazioni romantiche. Ma ciò a lungo termine fa loro perdere delle occasioni per una migliore qualità di vita.
SCHEMI DI SÉ e SCHEMI INTERPERSONALI
Per la psicoterapia cognitiva sono particolarmente rilevanti due categorie di schemi : gli "Schemi di Sé" e gli "Schemi Interpersonali". L'organizzazione del Sé dipende dallo sviluppo degli Schemi Interpersonali nell'intreccio degli Schemi di Sé con questi. Schemi di Sé e Schemi Interpersonali sono posti gerarchicamente in alto nell'organizzazione psichica, occupandovi una posizione centrale e coordinando numerosi schemi subordinati.
Gli Schemi di Sé determinano i nostri atteggiamenti verso noi stessi e il nostro ambiente. Mediante il ricordo delle diverse esperienze e il loro confronto, si sviluppa un "Io" più globale, una sorta di Schema di Sé "ordinatore", che procura una maggiore sensazione di stabilità personale di continuità. Esso permette, soprattutto nel corso dell'adolescenza, l'integrazione delle reazioni emotive con le differenti situazioni incontrate in un lungo periodo. La perturbazione di questo processo potrebbe essere responsabile di una "autonomizzazione"di alcuni Schemi di Sé: questi potrebbero allora imporre dei pensieri intrusivi nel corso di stati di forte attivazione affettiva.
Gli Schemi Interpersonali consistono in una schematizzazione mentale delle caratteristiche relative a sé e agli altri e in una specie di scenario di ciò che ciascuno può fare all'altro in una sequenza di interazioni (desiderio del Sé - risposta attesa dell'altro - reazione del Sé). Gli Schemi Interpersonali contengono delle regole che si applicano alle condotte interpersonali e si sviluppano probabilmente nelle prime fasi dello sviluppo dell'infante. Il legame di attaccamento, nell'accezione classica di Bowlby, si esprime nella creazioni di Schemi Interpersonali specifici. L'esperienza dell'infante con l'adulto costituisce l'origine degli schemi precoci che portano alla sicurezza (messa in gioco durante la separazione) e all'attaccamento agli altri.
Gli schemi possono essere modificati dall'informazione in entrata e quindi venire così rinnovati. Però, quelli che si sono consolidati precocemente durante l'infanzia tendono a essere più persistenti e a influenzare sistematicamente le nuove costruzioni mentali. Così taluni Schemi di Sé hanno la capacità di ignorare selettivamente tutte le informazioni non congruenti con l'immagine di sé mantenendosi mediante una selezione dell'informazione, che costituisce le cosiddette "DISTORSIONI COGNITIVE" (pensiero tutto o nulla, catastrofizzazione, squalificare o sminuire il positivo, ragionamento emotivo, etichettamento, esagerazione/minimizzazione, filtro mentale, lettura del pensiero, iper-generalizzazione, personalizzazione, affermazioni "dovrei" e "devo", visione tunnel). Nella psicoterapia cognitiva è importante rendere l'individuo capace di determinare il tipo di distorsione che sta compiendo, permettendogli così di valutare in modo più obiettivo la validità del suo pensiero.
LA SPIEGAZIONE DELLO SCOMPENSO PSICOPATOLOGICO DAL PUNTO DI VISTA DEL COGNITIVISMO
Una persona, in base alle esperienze di vita precoce e successive, elabora tutta una serie di schemi di sé e interpersonali positivi e negativi, più o meno attivabili, e apprende a emettere in determinate circostanze dei comportamenti che sono stati utili ad affrontarle oppure sono serviti a ridurre delle emozioni negative (e quindi sono stati consolidati e appresi in questo caso per rinforzo negativo).
Per esempio, ripetute malattie infantili, una madre iperprotettiva o eccessivamente preoccupata per la propria salute che modella simili preoccupazioni nel figlio, possono indurre nel tempo lo sviluppo di uno schema di se è caratterizzato da fragilità e debolezza personale, che potrà essere attivato da circostanze peculiari e imprevedibili, come per esempio una grave patologia di un amico. Il soggetto ha appreso comportamenti di cura e attenzione alla propria salute che saranno maggiormente messi in atto come conseguenza dell'attivazione dello schema di fragilità personale: evitare sforzi, monitorare eventuali sintomi corporei, andare a farsi controllare da un medico. Tali condotte sono rinforzate dall'abbassamento dell'ansia che segue alla loro emissione come effetto a breve termine, ma purtroppo generano a medio e lungo termine conseguenze negative: a livello comportamentale tali comportamenti protettivi vengono rinforzati e quindi divengono sempre più frequenti, in ambito affettivo perdurano le emozioni di ansia e di preoccupazione per la propria salute, infine sul piano cognitivo lo schema di fragilità viene confermato (se io prendo tali precauzioni, vuol dire che sono davvero fragile), unitamente alle convinzioni relative alla necessità e utilità delle precauzioni, e ciò porta a continui pensieri automatici negativi riguardanti la propria salute e la possibilità di essere malati.
In tal modo si origine si mantiene un disturbo ipocondriaco, rispetto al quale possiamo distinguere:
- fattori predisponenti o di vulnerabilità: le vicende di vita, gli schemi e le convinzioni cognitive
- fattori precipitanti o innescanti: la grave malattia dell'amico
- fattori perpetuanti o di mantenimento: i comportamenti protettivi circa la propria salute, che si autorinforzano e confermano schemi e convinzioni cognitive e mantengono elevate le risposte emotive di preoccupazione per la propria salute.
Possono essere contemporaneamente attivabili anche più schemi e questi dirigono l'elaborazione e l'interpretazione conseguente degli stimoli ambientali, oltre alla rievocazione mnestica.
Per esempio, nel caso del disturbo borderline di personalità, sono particolarmente centrali e attivabili schemi di sé di non amabilità personale e schemi interpersonali di sfiducia nei confronti degli altri, per cui queste persone cercano disperatamente altri che diano segnali d'interesse e approvazione nei propri confronti. La loro attenzione selettiva è concentrata sugli altri e sulle loro reazioni (soprattutto su quelle negative) e anche la rievocazione mnestica tende a essere selettiva: sono ricordati soprattutto gli eventi interpersonali negativi precedenti e trascurati quelli positivi. Se trovano qualcuno che sembra dal dare loro segnali di approvazione e attenzione (e talvolta tale interpretazione è erronea, come conseguenza dell'applicazione di distorsioni sistematiche come la personalizzazione o il pensiero dicotomico), cercano di attaccarsi a tale persona ma nel contempo non se ne fidano. Quindi hanno comportamenti che mettono alla prova l'affetto dell'altro, in una escalation di condotte di verifiche provocatorie (richiesta di grande disponibilità, aiuto, sostegno, manifestazioni di affetto) che la fine produce inevitabilmente una reazione avversa dell'altra persona (rifiuto, allontanamento anche solo temporaneo), che però viene interpretata (pensiero polarizzato, inferenza arbitraria) come prova di non amore. Ciò chiude un circolo vizioso: lo schema di non amabilità viene confermato dall'interpretazione negativa in termini di rifiuto; anche lo schema di sfiducia negli altri ricevere conferma (gli altri ci ingannano perché prima sembrano amarci poi ci respingono) e, infine, le strategie di messa alla prova degli altri vengono rinforzate, in quanto, almeno apparentemente per il soggetto, sono utili per svelare i piani malevoli degli altri. Così la persona rimane imprigionata in affetti ed emozioni negative (derivanti da un'immagine di sé molto carente, con distorsioni sistematiche che portano a rievocazione selettiva dei fallimenti e a interpretazioni negative che costituiscono delle profezie che si auto-avverano), conferma i suoi schemi ipervalenti (che influenzano maggiormente la struttura cognitiva) anch'essi negativi e mantiene comportamenti disattivi, che ulteriormente la porteranno a insuccessi e quindi a mantenere la propria non positiva visione di sé.
OBIETTIVI DELLA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
La psicoterapia cognitivo comportamentale non si prefigge il fine di controllare o eliminare i sintomi o semplicemente modificare i comportamenti problematici, ma mira rendere il paziente meno vulnerabile all'impatto di avvenimenti stressogeni e quindi in grado di poter vivere la propria vita con minore rischio di future reazioni psicopatologiche. In altri termini tale forma di psicoterapia, pur prendendo le mosse dal presente, ha essenzialmente un orientamento verso il futuro, anche se non trascura un'eventuale ricostruzione del passato. Per cui relativamente al cosiddetto cambiamento terapeutico acquisisce importanza il concetto di "competenza" nella sua accezione più vasta, che può essere così definita nelle sue componenti:
- modificazione degli schemi cognitivi disfunzionali, nel senso di rendere meno attivabili quelli negativi e nel contempo più stabile durevole l'attivazione di quelli positivi.
- acquisizione di abilità (sociali, di controllo, di autoregolazione, di problem-solving, ecc.) importanti per aumentare l'autonomia, il benessere e la qualità di vita del paziente, così incrementando il suo patrimonio comportamentale e la capacità di individuare il comportamento più adeguato a seconda della circostanza.
- ampliamento e consolidamento di una concezione funzionale delle proprie emozioni, così da permettere al paziente non solo di riconoscerle, definirle e, entro certi limiti, controllarle, ma anche di accettarle e accoglierle, rendendosi conto della loro fondamentale utilità per la sopravvivenza. Si tratta di una meta molto importante, che comporta una ristrutturazione metacognitiva (cioè relativa alle teorie sulla mente), che va in una direzione del tutto opposta alla concezione negativa delle emozioni proprie dei pazienti con disturbi di tale sfera.
- apprendimento di abilità di prevenzione della ricaduta (aspetto fondamentale al termine della terapia), mirate a permettere al soggetto di riconoscere eventuali primi segnali di ricomparse sintomatica così da mettere in atto, senza drammatizzare, le strategie più utili per prevenire un avere propria ricaduta.
- promozione di una realistica visione del futuro.
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale nasce negli anni ’60, negli Stati Uniti, ad opera di Aaron T. Beck e, ancora oggi, è utilizzata nella pratica clinica da buona parte degli psicoterapeuti in Europa e nel mondo. Questo modello, infatti, trova maggiore conferma scientifica nel panorama nazionale e internazionale attraverso studi e ricerche di evidenza scientifica.
La TCC unisce in sé i presupposti della tradizione comportamentista e di quella cognitiva. Quindi vengono presi in considerazione tre grandi ambiti: l'ambito comportamentale, quello affettivo-emotivo e quello cognitivo (di pensiero).
Per quanto riguarda l'ambito comportamentale, come si è visto i comportamenti possono essere la conseguenza di apprendimenti disadattivi o di mancati apprendimenti, che andranno via via individuati sulla base dell'esperienza di vita del paziente. Una volta individuati andranno poi sostituiti con comportamenti più adattivi o si dovrà insegnare al soggetto le abilità e le risorse di cui è carente.
Relativamente all'ambito affettivo-emotivo, le emozioni che caratterizzano quadro clinico sono considerate risultato di due processi:
- apprendimenti associativi (legati fondamentalmente a condizionamento classico o pavloviano) per cui determinate risposte emotive sono state associate a specifici stimoli e quindi si ripresentano automaticamente quando ci si trova in presenza di tali stimoli, come nelle fobie specifiche (ad es: può sviluppare una fobia dei cani una persona che nell'infanzia ha visto un proprio caro aggredito da un cane);
- interpretazioni cognitive, mediante cui determinati stimoli-situazioni vengono interpretati dal soggetto in base alla sua struttura cognitiva (come spiegato più sotto) e quindi originano specifiche emozioni congruenti con tale interpretazione. Per esempio, se io vedo che qualcuno per strada mi guarda e sorride, posso interpretare ciò come atto di derisione (come conseguenza degli schemi delle distorsioni sistematiche sotto illustrate) e quindi provare rabbia e risentimento. Emozioni che inizialmente sono frutto di interpretazioni cognitive possono col tempo condizionarsi alla situazione e quindi sono attivate automaticamente senza la necessità di una interpretazione cognitiva: per esempio, per la strada posso provare rabbia tutte le volte che qualcuno mi guarda, anche se non sorride, e potrei non capire perché ciò mi succeda.
Dal punto di vista cognitivo la TCC concentra grande attenzione su tre livelli del pensiero del paziente:
1) I PENSIERI AUTOMATICI NEGATIVI: si riferiscono allo svolgersi di una specie di commento interno, solitamente in senso catastrofizzante e svalutativo, in cui il paziente si impegna in specifiche situazioni (es.: "non riuscirà mai a finire in tempo questo lavoro. Cosa potrò fare? Perderò il lavoro se continuo così!"). Possono essere coscienti ma anche non esserlo chiaramente; sono comunque consapevolizzabili se il soggetto riesce a prestarvi sufficiente attenzione con un adeguato allenamento.
2) LE CREDENZE (O ASSUNZIONI O CONVINZIONI): un livello più profondo di cognizione è quello che consiste in credenze o assunzioni, che rappresentano regole tacite (cioè non sempre consapevoli) che si ipotizza facciano sorgere pensieri automatici. Gran parte di tali credenze si manifestano come affermazioni condizionali del tipo "se-allora". I pazienti non necessariamente hanno chiaro in mente il contenuto di tali credenze, che in genere non vengono articolate nel loro dialogo interno, ma sembrano essere la base di molte reazioni di momento in momento, esprimendosi nei loro pensieri automatici, nelle loro azioni e nei comportamenti (es.: "devo avere successo in tutto ciò che faccio per potermi amare", "se falliscono, gli altri mi puniranno", "sono una persona brava solo nella misura in cui sono competente"). Il paziente manterrà una visione critica di sé a meno che non vengano soddisfatte siffatte condizioni, come l'avere successo in un compito e quindi mantenere l'approvazione degli altri.
3) GLI SCHEMI COGNITIVI: livello di cognizione più profondo degli altri due. Sono le regole base che una persona usa per organizzare le proprie percezioni del mondo, del sé e del futuro e per adattarsi alle sfide della vita. Possono riguardare noi stessi (schema di sé), gli altri (schema dell'altro) e la relazione tra noi e gli altri (schema interpersonale).
Caratteristiche degli schemi cognitivi:
- sono assoluti e non condizionali
- danno origine ad altre convinzioni di livello superiore
- sono inconsci e difficilmente verbalizzabili
Tali schemi non sono di per se stessi né positivi nei negativi, ma vanno interpretati in termini della loro capacità di adattarsi alle esperienze della vita. Per esempio due persone adulte hanno schemi di non amabilità personale. La prima soddisfa le sue eccessive esigenze di affetto e di amore diventando maestra di scuola d'asilo e l'attaccamento e l'ammirazione dei bambini bene si adattano ai suoi schemi di base e quindi è gratificata dal lavoro. L'altra non trova questo sbocco alle sue esigenze e diventa estremamente possessiva e gelosa nelle sue relazioni col partner e ciò porta a conflitti e ad abbandoni, rafforzando il suo schema di base.
Gli schemi possono essere sia "attivi" sia "latenti", a seconda che i soggetti debbano affrontare o meno le situazioni di vita che attivano le loro individuali aree di vulnerabilità. L'osservazione clinica dei pazienti ci mostra come essi si impegnino a mantenere latenti alcuni propri schemi, allo scopo di non destare le proprie paure. Così, persone con schemi di incompetenza accettano o ricercano lavori troppo facili per loro al fine di evitare le sfide; altri che temono di perdersi in rapporti personali intimi, rifuggono le relazioni romantiche. Ma ciò a lungo termine fa loro perdere delle occasioni per una migliore qualità di vita.
SCHEMI DI SÉ e SCHEMI INTERPERSONALI
Per la psicoterapia cognitiva sono particolarmente rilevanti due categorie di schemi : gli "Schemi di Sé" e gli "Schemi Interpersonali". L'organizzazione del Sé dipende dallo sviluppo degli Schemi Interpersonali nell'intreccio degli Schemi di Sé con questi. Schemi di Sé e Schemi Interpersonali sono posti gerarchicamente in alto nell'organizzazione psichica, occupandovi una posizione centrale e coordinando numerosi schemi subordinati.
Gli Schemi di Sé determinano i nostri atteggiamenti verso noi stessi e il nostro ambiente. Mediante il ricordo delle diverse esperienze e il loro confronto, si sviluppa un "Io" più globale, una sorta di Schema di Sé "ordinatore", che procura una maggiore sensazione di stabilità personale di continuità. Esso permette, soprattutto nel corso dell'adolescenza, l'integrazione delle reazioni emotive con le differenti situazioni incontrate in un lungo periodo. La perturbazione di questo processo potrebbe essere responsabile di una "autonomizzazione"di alcuni Schemi di Sé: questi potrebbero allora imporre dei pensieri intrusivi nel corso di stati di forte attivazione affettiva.
Gli Schemi Interpersonali consistono in una schematizzazione mentale delle caratteristiche relative a sé e agli altri e in una specie di scenario di ciò che ciascuno può fare all'altro in una sequenza di interazioni (desiderio del Sé - risposta attesa dell'altro - reazione del Sé). Gli Schemi Interpersonali contengono delle regole che si applicano alle condotte interpersonali e si sviluppano probabilmente nelle prime fasi dello sviluppo dell'infante. Il legame di attaccamento, nell'accezione classica di Bowlby, si esprime nella creazioni di Schemi Interpersonali specifici. L'esperienza dell'infante con l'adulto costituisce l'origine degli schemi precoci che portano alla sicurezza (messa in gioco durante la separazione) e all'attaccamento agli altri.
Gli schemi possono essere modificati dall'informazione in entrata e quindi venire così rinnovati. Però, quelli che si sono consolidati precocemente durante l'infanzia tendono a essere più persistenti e a influenzare sistematicamente le nuove costruzioni mentali. Così taluni Schemi di Sé hanno la capacità di ignorare selettivamente tutte le informazioni non congruenti con l'immagine di sé mantenendosi mediante una selezione dell'informazione, che costituisce le cosiddette "DISTORSIONI COGNITIVE" (pensiero tutto o nulla, catastrofizzazione, squalificare o sminuire il positivo, ragionamento emotivo, etichettamento, esagerazione/minimizzazione, filtro mentale, lettura del pensiero, iper-generalizzazione, personalizzazione, affermazioni "dovrei" e "devo", visione tunnel). Nella psicoterapia cognitiva è importante rendere l'individuo capace di determinare il tipo di distorsione che sta compiendo, permettendogli così di valutare in modo più obiettivo la validità del suo pensiero.
LA SPIEGAZIONE DELLO SCOMPENSO PSICOPATOLOGICO DAL PUNTO DI VISTA DEL COGNITIVISMO
Una persona, in base alle esperienze di vita precoce e successive, elabora tutta una serie di schemi di sé e interpersonali positivi e negativi, più o meno attivabili, e apprende a emettere in determinate circostanze dei comportamenti che sono stati utili ad affrontarle oppure sono serviti a ridurre delle emozioni negative (e quindi sono stati consolidati e appresi in questo caso per rinforzo negativo).
Per esempio, ripetute malattie infantili, una madre iperprotettiva o eccessivamente preoccupata per la propria salute che modella simili preoccupazioni nel figlio, possono indurre nel tempo lo sviluppo di uno schema di se è caratterizzato da fragilità e debolezza personale, che potrà essere attivato da circostanze peculiari e imprevedibili, come per esempio una grave patologia di un amico. Il soggetto ha appreso comportamenti di cura e attenzione alla propria salute che saranno maggiormente messi in atto come conseguenza dell'attivazione dello schema di fragilità personale: evitare sforzi, monitorare eventuali sintomi corporei, andare a farsi controllare da un medico. Tali condotte sono rinforzate dall'abbassamento dell'ansia che segue alla loro emissione come effetto a breve termine, ma purtroppo generano a medio e lungo termine conseguenze negative: a livello comportamentale tali comportamenti protettivi vengono rinforzati e quindi divengono sempre più frequenti, in ambito affettivo perdurano le emozioni di ansia e di preoccupazione per la propria salute, infine sul piano cognitivo lo schema di fragilità viene confermato (se io prendo tali precauzioni, vuol dire che sono davvero fragile), unitamente alle convinzioni relative alla necessità e utilità delle precauzioni, e ciò porta a continui pensieri automatici negativi riguardanti la propria salute e la possibilità di essere malati.
In tal modo si origine si mantiene un disturbo ipocondriaco, rispetto al quale possiamo distinguere:
- fattori predisponenti o di vulnerabilità: le vicende di vita, gli schemi e le convinzioni cognitive
- fattori precipitanti o innescanti: la grave malattia dell'amico
- fattori perpetuanti o di mantenimento: i comportamenti protettivi circa la propria salute, che si autorinforzano e confermano schemi e convinzioni cognitive e mantengono elevate le risposte emotive di preoccupazione per la propria salute.
Possono essere contemporaneamente attivabili anche più schemi e questi dirigono l'elaborazione e l'interpretazione conseguente degli stimoli ambientali, oltre alla rievocazione mnestica.
Per esempio, nel caso del disturbo borderline di personalità, sono particolarmente centrali e attivabili schemi di sé di non amabilità personale e schemi interpersonali di sfiducia nei confronti degli altri, per cui queste persone cercano disperatamente altri che diano segnali d'interesse e approvazione nei propri confronti. La loro attenzione selettiva è concentrata sugli altri e sulle loro reazioni (soprattutto su quelle negative) e anche la rievocazione mnestica tende a essere selettiva: sono ricordati soprattutto gli eventi interpersonali negativi precedenti e trascurati quelli positivi. Se trovano qualcuno che sembra dal dare loro segnali di approvazione e attenzione (e talvolta tale interpretazione è erronea, come conseguenza dell'applicazione di distorsioni sistematiche come la personalizzazione o il pensiero dicotomico), cercano di attaccarsi a tale persona ma nel contempo non se ne fidano. Quindi hanno comportamenti che mettono alla prova l'affetto dell'altro, in una escalation di condotte di verifiche provocatorie (richiesta di grande disponibilità, aiuto, sostegno, manifestazioni di affetto) che la fine produce inevitabilmente una reazione avversa dell'altra persona (rifiuto, allontanamento anche solo temporaneo), che però viene interpretata (pensiero polarizzato, inferenza arbitraria) come prova di non amore. Ciò chiude un circolo vizioso: lo schema di non amabilità viene confermato dall'interpretazione negativa in termini di rifiuto; anche lo schema di sfiducia negli altri ricevere conferma (gli altri ci ingannano perché prima sembrano amarci poi ci respingono) e, infine, le strategie di messa alla prova degli altri vengono rinforzate, in quanto, almeno apparentemente per il soggetto, sono utili per svelare i piani malevoli degli altri. Così la persona rimane imprigionata in affetti ed emozioni negative (derivanti da un'immagine di sé molto carente, con distorsioni sistematiche che portano a rievocazione selettiva dei fallimenti e a interpretazioni negative che costituiscono delle profezie che si auto-avverano), conferma i suoi schemi ipervalenti (che influenzano maggiormente la struttura cognitiva) anch'essi negativi e mantiene comportamenti disattivi, che ulteriormente la porteranno a insuccessi e quindi a mantenere la propria non positiva visione di sé.
OBIETTIVI DELLA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
La psicoterapia cognitivo comportamentale non si prefigge il fine di controllare o eliminare i sintomi o semplicemente modificare i comportamenti problematici, ma mira rendere il paziente meno vulnerabile all'impatto di avvenimenti stressogeni e quindi in grado di poter vivere la propria vita con minore rischio di future reazioni psicopatologiche. In altri termini tale forma di psicoterapia, pur prendendo le mosse dal presente, ha essenzialmente un orientamento verso il futuro, anche se non trascura un'eventuale ricostruzione del passato. Per cui relativamente al cosiddetto cambiamento terapeutico acquisisce importanza il concetto di "competenza" nella sua accezione più vasta, che può essere così definita nelle sue componenti:
- modificazione degli schemi cognitivi disfunzionali, nel senso di rendere meno attivabili quelli negativi e nel contempo più stabile durevole l'attivazione di quelli positivi.
- acquisizione di abilità (sociali, di controllo, di autoregolazione, di problem-solving, ecc.) importanti per aumentare l'autonomia, il benessere e la qualità di vita del paziente, così incrementando il suo patrimonio comportamentale e la capacità di individuare il comportamento più adeguato a seconda della circostanza.
- ampliamento e consolidamento di una concezione funzionale delle proprie emozioni, così da permettere al paziente non solo di riconoscerle, definirle e, entro certi limiti, controllarle, ma anche di accettarle e accoglierle, rendendosi conto della loro fondamentale utilità per la sopravvivenza. Si tratta di una meta molto importante, che comporta una ristrutturazione metacognitiva (cioè relativa alle teorie sulla mente), che va in una direzione del tutto opposta alla concezione negativa delle emozioni proprie dei pazienti con disturbi di tale sfera.
- apprendimento di abilità di prevenzione della ricaduta (aspetto fondamentale al termine della terapia), mirate a permettere al soggetto di riconoscere eventuali primi segnali di ricomparse sintomatica così da mettere in atto, senza drammatizzare, le strategie più utili per prevenire un avere propria ricaduta.
- promozione di una realistica visione del futuro.